Condannato a 6 anni e 4 mesi dal tribunale italiano, la chiesa assolve don Mauro Galli



Fu condannato in primo grado dal Tribunale di Milano a sei anni e quattro mesi, ma viene assolto in prima istanza dal tribunale della chiesa Lombarda e resta prete.

Se non fosse per i giudizi opposti dei due tribunali (Italiano e Vaticano), il fatto che la chiesa abbia assolto anche don Mauro Galli che semplicemente aggiungiamo alla lunga lista di casi analoghi con Luciano MassaferroVincenzo Calà ImprottaFelix CiniPaolo Turturro e via dicendo, la cosa ormai non stupirebbe più di tanto.

Certo il fatto che persone condannate dallo Stato italiano per pedofilia, vengano poi assolte per quegli stessi fatti da un tribunale canonico e rimessi nelle parrocchie con così tanta frequenza per giunta, stimola una serie di riflessioni.

Anche se pur vero che i due tribunali si basano su due differenti parametri di giudizio – in quello italiano è il crimine contro la persona (la vittima), in quello canonico invece l’offesa a Dio con l’atto impuro di entrambi – pare che questo risultato non sia contrario alla sola legge italiana, ma pure a quella di Dio in quanto la stessa definitiva assoluzione del Galli da parte del tribunale della chiesa non gli rende affatto giustizia.

È lo stesso don Galli che a processo davanti ai giudici ammette di aver dormito in canonica nello stesso letto (malgrado ce ne fossero altri) con l’allora 15enne Alessandro Battaglia, ed è lo stesso avvocato della diocesi Mario Zanchetti (membro della commissione diocesana per la tutela dei minori ma in questo caso difensore del Galli) a criticare in sede processuale il comportamento del suo stesso assistito definendolo “grave”. Ma nei fatti, per la chiesa don Galli è scagionato, moralmente innocente, quindi da reintegrare in qualche parrocchia dopo l’intervento dei termini prescrittivi imminenti che bloccheranno forse anche l’appello.

In questi ultimi periodi – almeno da quanto apprendiamo dalla stampa – la chiesa avrebbe posto in essere una serie di iniziative che arrivano fino alle parrocchie, volte alla prevenzione. Dal vademecum della CEI alle ultime linee guida della Santa Sede.

Tutte iniziative che vediamo con molta perplessità perché la scienza medica insegna che la pedofilia non è una malattia, ma una grave devianza della personalità dalla quale non si guarisce, che il profilo del pedofilo è equiparabile a quello dei killer seriali ovvero di persone che vanno monitorate perché statisticamente portate a reiterare il crimine.

Ora, è pur vero che chi ha commesso questi abusi per la chiesa potrà non essere colpevole dell’offesa a Dio sulla base del suo stesso principio processuale – il 6° comandamento del decalogo – tuttavia, nei fatti è comprovato dal tribunale italiano che queste persone hanno abusato di minori e rimetterle in parrocchia – anche se la chiesa li ha assolti – non solo rende inutili le iniziative preventive poste in essere dalla chiesa stessa, ma rende sempre meno credibile il presunto sforzo della stessa in favore delle vittime e della prevenzione e della stessa trasparenza, quando controcorrente alle più elementari logiche preventive mette persone le cui tendenze sono conclamate, ancora a contatto con altri minori.


Francesco Zanardi

Presidente Rete L'Abuso

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