Intervista all'Arcivescovo Metropolita Filippo Ortenzi su Ugo Bassi (sacerdote, patriota, garibaldino)




Si è costituito all'interno della Chiesa Ortodossa Italiana un Comitato di postulazione per la glorificazione di padre Ugo Bassi. Ne parliamo con l'Arcivescovo Metropolita della Chiesa Ortodossa Italiana mons. Filippo Ortenzi (www.chiesa-ortodossa.com).
D. Chi era Ugo Bassi e perché interessa alla Chiesa Ortodossa?
R. Ugo Bassi è una delle più luminose figure del Risorgimento. Sacerdote barnabita, patriota e garibaldino si è opposto al potere temporale delle Chiesa Cattolica e, giustamente, può essere considerato un precursore della necessità di costituire una Chiesa Nazionale italiana. Ed è per questo che la sua figura è guardata con estremo interesse dalla Chiesa Ortodossa Italiana, che quell'idea ha raccolto e l'ha fatta propria.
D. Quale è il periodo nel quale è vissuto e ha operato Ugo Bassi?
R. La prima metà dell'ottocento. Quando a seguito della Rivoluzione Francese e degli ideali napoleonici i patrioti italiani iniziarono a organizzarsi dando inizio al Risorgimento della nostra Patria. Va segnalato che il primo esponente politico che lanciò un Proclama per l'indipendenza e l'unità dell'Italia fu il Re di Napoli Gioacchino Napoleone Murat che, a Rimini, il 30 marzo 1815 lanciò un Proclama che iniziava con queste parole: " Italiani! L’ora è venuta che debbono compiersi gli alti vostri destini. La Provvidenza vi chiama infine a essere una nazione indipendente. Dall’Alpi allo stretto di Scilla odasi un grido solo «L’indipendenza d’Italia!» Ed a qual titolo popoli stranieri pretendono togliervi questa indipendenza, primo diritto, e primo bene d’ogni popolo? A qual titolo signoreggiano essi le vostre più belle contrade? A qual titolo s’appropriano le vostre ricchezze per trasportarle in regioni ove non nacquero? A qual titolo finalmente vi strappano i figli, destinandogli a servire, a languire, a morire lungi dalle tombe degli avi? …"
D. Proclama condiviso da Ugo Bassi?
R. In quel momento Ugo Bassi, il cui vero nome era Giuseppe, ma prese quello religioso di Ugo in onore di Ugo Foscolo, era un giovane novizio del Seminario dei barnabiti (Chierici Regolari di San Paolo) di Bologna. Aveva appena quattordici anni (figlio di un impiegato della dogana pontificia e di una cameriera era nato infatti il 12 agosto 1801 nella cittadina emiliana di Cento, in territorio pontifico ed attualmente in provincia di Ferrara) ma era già animato dal sacro fuoco dell'amor di Patria, tanto che cercò di arruolarsi nell'esercito napoletano, ma la sua domanda non fu accolta e per la giovane età e per il fisico gracilino.
D. Poi comunque pronunciò i voti?
R. Si a Roma nel 1821 nella Chiesa di San Carlo al Corso. Qui conobbe e divenne amico di un altro barnabita, che condividerà con lui la cappellania delle truppe garibaldine don Alessandro Gavazzi, altro grande patriota e rivoluzionario italiano (che dopo l'unificazione dell'Italia si convertirà al protestantesimo dando origine all'anticlericale Chiesa Libera Evangelica Italiana), e si convincerà sempre più dell'assurdità del potere temporale della Chiesa.
D. Quale era l'attività di Ugo Bassi all'interno della Chiesa Cattolica?
R. Come già detto, faceva parte dei Chierici Regolari di San Paolo, noti come barnabiti perché la prima Casa-Madre fu posta presso la Chiesa di San Barnaba a Milano. Un ordine nato per praticare la vita comunitaria in povertà che avendo quale missione quella di riportare la chiesa allo spirito evangelico è stato spesso oggetto di attenzione da parte dell'inquisizione cattolica. Diverse volte, infatti, sono stati processati perché accusati di seguire le teorie pauperistiche delle beghine e bagardi e dei poveri di Lione (valdesi), oppure di pelagianismo (ossia di ritenere che il peccato originale riguardasse solo gli autori e non anche i discendenti) e perché dedicandosi prevalentemente alla predicazione e all'educazione scolastica dei giovani spesso non disdegnavano di denunciare la simonia e la corruzione che regnava (o forse ancora regna?) nella Chiesa Cattolica. D'altra parte il carisma proprio dei barnabiti è stato sempre quello dell'apostolato, della predicazione del vangelo e dell'evangelizzazione oltre che quello di  «rianimare lo spirito ecclesiastico e lo zelo per le anime tra il clero» cosa per la quale sono sempre stati invisi alle opulenti gerarchie cattoliche.
D. Pertanto come barnabita era prevalentemente un predicatore, ma cosa predicava Ugo Bassi?
R. Era un predicatore molto apprezzato che riempiva le chiese di fedeli, che accorrevano da ogni dove per sentire le sue parole. Le sue prediche infiammavano le gremite platee ma preoccupavano le gerarchie cattoliche giacché era solito denunciare la corruzione del clero e l’operato della corte pontificia con violente invettive, oltreché polemizzare contro l'odioso ordine dei gesuiti visti come i difensori dell'oppressione clerico-feudale e nemici del popolo e della Patria (erano talmente impopolari che anche un liberale neoguelfo e moderato come l'abate piemontese padre Vincenzo Gioberti, li attaccò col libro "Il gesuita moderno").
D. Ma oltre che un sacerdote che predicava il ritorno al vangelo e criticava la corruzione presente nella Chiesa Cattolica bruciava in Ugo Bassi anche un autentico amor di Patria.
R. Sicuramente, infatti, quando scoppiò la Prima Guerra d'Indipendenza, era ad Ancona e qui si arruolò come cappellano dei volontari pontifici del Gen. Andrea Ferrari, il cui motto era "Iddio lo vuole",  che stava partendo per unirsi all’esercito sabaudo nella Prima Guerra d’Indipendenza.  Con acceso patriottismo diffuse lo spirito rivoluzionario fra i soldati, come prima aveva infuso quello religioso nella popolazione civile invocando la guerra santa per la liberazione della Patria. Quando Pio IX, decide di ritirare il suo esercito dalla guerra contro l'Austria perché come capo della Chiesa universale, non poteva combattere un legittimo sovrano cattolico, il nostro seguì i volontari bolognesi di Alessandro Guidotti impegnati contro gli austriaci, tanto di rimanere ferito a Treviso, da dove fu poi portato a Venezia, dove esortò i cittadini a combattere per la Repubblica veneziana e contro l'oppressione austro-ungarica.
D. Ma la Chiesa cattolica come prendeva il suo apostolato per la libertà e l'indipendenza della nostra Patria?
R. Male, infatti, nel 1848 il Papa Pio IX, sentito il Generale dei Barnabiti, ne decretò la secolarizzazione e l'espulsione dall'ordine .
D. Sembra che Ugo Bassi non si curò molto dell'ostilità della Chiesa nella quale, almeno formalmente, faceva parte, altrimenti non sarebbe andato a Roma nel momento che veniva abbattuto il governo pontificio e proclamata la Repubblica Romana.
R. Nel 1849 si recò a Roma, dove partecipò alla nascita della Repubblica Romana e venne nominato cappellano della Legione di Garibaldi. Ammiratore di Garibaldi così descrive l'incontro con l'Eroe dei Due Mondi: "Garibaldi è l'Eroe più degno di poema, che io sperassi in vita mia di vedere. Le nostre anime si sono congiunte come se fossero state sorelle in cielo prima di trovarsi nelle vie della terra". Caduta Roma per mano dell'esercito francese, Bassi seguì Garibaldi  nei combattimenti di Palestrina, Velletri, Roccasecca, e nella fuga verso Venezia, ma catturato a Bologna dai soldati asburgici insieme al capitano garibaldino Giovanni Livagri, fu insieme con questi fucilato, senza processo. Era l'8 agosto 1848 e il suo corpo insieme a quello di Livagri, fu gettato, senza bara, in una unica fossa ubicata in una località vicina all'attuale Torre di Maratona dello Stadio. Morì, quarantottenne recitando l’Ave Maria e perdonando i suoi assassini.
D. Questa è la vita di Ugo Bassi quale patriota e rivoluzionario italiano, nonché Martire del Risorgimento italiano. Ma che cosa centra con la Chiesa Ortodossa Italiana?
R. Il Codex Canonum della Ecclesia Orthodoxa Italica (Canoni della Chiesa Ortodossa Italiana) al Comma 4 del Canone n. 93 (la Glorificazione dei Santi) accogliendo una prassi in uso nella Chiesa Ortodossa Greca, ammette alla Glorificazione (analoga alla canonizzazione cattolica) anche gli etnomartiri: La Chiesa Ortodossa Italiana può riconoscere Santi anche cristiani italiani di particolare valore morale e spirituale morti non in “odio alla fede” (in odiun fidei) ma in “odio alla Patria” (in odium Patriae). E, secondo i numerosi postulatori di Ugo Bassi, che hanno costituito un apposito Comitato di Postulazione , Ugo Bassi, sacerdote cattolico scomunicato (il 1 gennaio 1849 si ritrovò fuori dalla Chiesa Cattolica in quanto oggetto di "Scomunica Maggiore da incorrersi, senza bisogno di alcuna dichiarazione" nella quale incorreva "chiunque ardisce rendersi colpevole di qualsivoglia attentato contro la temporale Sovranità dei Sommi Romani Pontefici" - Pio IX "Da questa pacifica") e patriota ha tutte le qualità morali e religiose per la canonizzazione, inoltre quale assertore della necessità di costituire una Chiesa fedele al messaggio evangelico del periodo apostolico. Ugo Bassi che vedeva nel Risorgimento un ideale cristiano di libertà e carità e per esso diede la vita, oltre che un martire del Risorgimento italiano, può essere considerato  un precursore dell’esigenza di costituire una  Chiesa Nazionale e Patriottica, i cui ideali sono stati raccolti dalla Chiesa Ortodossa Italiana.
D. Come è nato l'interesse verso questa figura di sacerdote, patriota e garibaldino dell'800 negli anni 20 del terzo Millennio?
R. La figura di Ugo Bassi non è sconosciuta, tutti noi lo conosciamo perché il suo nome appare nei libri di storia quando si studia il Risorgimento e la caduta della Repubblica Romana. Inoltre molti hanno visto il film di Luigi Magni "In nome del popolo sovrano" del 1990. Inoltre la figura di Ugo Bassi  fu riscoperta, negli anni ’80 del secolo scorso, nell’ambito dell’operazione culturale denominata Socialismo Tricolore  da Bettino Craxi, che fu un  ammiratore del suo patriottismo e delle sue profonde convinzioni civili e religiose.
D. Quale è stata l'opera di Ugo Bassi?
R. Quale appartenente ad un ordine dei barnabiti, era un trascinatore che con le sue prediche infiammava i fedeli, esortandoli a seguire il vangelo e auspicando il ritorno all'ortodossia evangelica, per la qual cosa era inviso alle gerarchie cattoliche tanto da essere espulso dal Ducato di Parma e dal Regno Lombardo Veneto ed essere inibito alla predicazione negli Stati Pontifici. Così è riportato sulla predicazione di Ugo Bassi sul sito del Comune di Cento (FE), sua città natale: "all'evangelizzazione più ortodossa egli affiancava la denuncia aperta, inequivocabile, dei mali della società contemporanea, la difesa dei diritti degli oppressi e degli umili, una difesa tanto vibrante da apparire provocatoria soprattutto a chi deteneva il potere". Perché denunciava "l'ipocrisia dei bigotti, la falsa morale di molti educatori, il libertinaggio, l'usura, ma soprattutto non perse occasione, per incitare i giovani alla virtù, all'azione eroica."
D. Vi sono testimonianze sull'azione di carità cristiana di Ugo Bassi?
R. Nel 1837 si era recato a predicare nella chiesa palermitana detta dell'Olivella, dove il suo quaresimale ottenne un grande successo da parte delle autorità e dei fedeli e nell'estate di quello stesso anno, vi ritornò per soccorrere gli ammalati di colera, che causò la morte di oltre il 20% della popolazione. Ugo Bassi si prodigò nell'ospedale di S. Domenico e in case private, senza risparmio. Su questo evento epidemico pubblicò una collana di preghiere intitolata: "Il cholera in Sicilia e rime altre diverse" che ebbero grande successo. Sempre nel 1837 in Sicilia, oltre che a Palermo, fronteggiò l’epidemia di colera che si era propagata anche e Siracusa, e per la meritoria opera di assistenza personale verso i poveri e gli infermi, pagando di tasca sua i medicinali, divenne (come testimoniato dal Sindaco di Siracusa Emanuele Francica Barone di Pàncali) il benemerito  della sua città e passò alla storia come “Padre degli infelici".
D. Ma come sacerdote ha combattuto e ucciso qualcuno?
R. Non risulta. Ugo Bassi dava sostegno morale e spirituale alle truppe e la sue uniche armi erano "una croce tricolore cucita sul petto e un crocifisso infilato nella cintura" (come lamentò il vescovo di Bologna cardinale Oppizzoni) nonché il Vangelo, che leggeva con spirito evangelico e non attraverso le interpretazioni cattoliche (va ricordato che con il Concilio di Trento era vietato ai laici leggere i testi sacri, pena scomunica, norma abrogata soltanto nel XX secolo col Concilio Vaticano II). Intervenne a difendere un reazionario clericale quale il musicista antiliberale bolognese Gioacchino Rossini di intolleranza da parte dei patrioti riprendendo: "coloro, che, arrogandosi il nome di patrioti, scambiano la libertà in licenza". Durante i combattimenti egli era sempre in prima fila per soccorrere i feriti e dare assistenza ai moribondi, siano essi patrioti italiani o dell'esercito ad essi avverso. A Venezia, dove si scontrò con l'austriacante curia patriarcale, abbiamo la testimonianza del giornale L'Indipendente del 27 ottobre 1848 che egli "...con in mano una piccola bandiera improvvisata da lui, primo di tutti e facendo coraggio ai soldati si scagliò in mezzo la via contro la penultima casa che fu levata agli Austriaci; e quindi coi lombardi corse e scavalcò il muro di casa Bianchini, aiutò a forzare le porte barricate ed entrò nella casa dove diede assistenza spirituale non solo ai nostri ma eziandio ai nemici morenti". A Roma criticò l'appello del Papa alle potenze straniere per ripristinare il potere temporale della Chiesa, sostenendo che: "Cristo solo, o Santo Padre, Cristo solo, Salvatore del mondo, e non re, è tutto divinità: ma chi dice che il Papa è Dio è un pagano." Pio IX non si disse Dio, ma ci arrivò vicino, perché successivamente (Concilio Vaticano I) sostenne di essere il Vicario di Dio in terra e, come tale infallibile. Il 30 aprile con i garibaldini partecipò al vittorioso combattimento contro i francesi a porta S. Pancrazio, cavalcando tra i volontari, e fu catturato dai nemici per non essersi voluto allontanare da un ferito rimasto sul terreno della battaglia. Rilasciato dai francesi, l'8 maggio è con i garibaldini a Palestrina, dove inutilmente cerca di arringare le truppe borboniche napoletane accorse in difesa del Pontefice. Ritornato a Roma aggredita dalle truppe imperiali francesi, si offre più volte per raggiungere le posizioni più esposte, dove, sordo ad ogni invito alla prudenza e fedele ad un suo motto: "In ultimo se si deve cadere si cada da forti; o martirio o vittoria!", raccoglie i feriti e conforta i moribondi, sia dell'uno che dell'altro campo. Fino alla caduta di Roma fu sempre negli ospedali e in prima linea e ovunque ci fosse una sofferenza là era Ugo Bassi. Durante la battaglia cadde sotto le pallottole dell'esercito d'invasione francese del gen. Oudinot, un suo carissimo amico, Luciano Manara, colonnello dei bersaglieri lombardi, in memoria del quale pronunciò l'elogio funebre nella Chiesa di san Lorenzo in Lucina profetizzando per sé prossimo il martirio. Braccato dall'esercito austro-ungarico era San Marino con Garibaldi, ed anche lì si contraddistinse nell'assistenza ai feriti ospitati nel convento dei Cappuccini.
D. Che opere ci ha lasciato Ugo Bassi?
R. Oltre il libro di preghiere per i colerosi siciliani di cui ho parlato precedentemente, è significativo della profonda spiritualità cristiana del nostro il libro "La buona novella" ricco di fervore e di spirito apostolico, uscito nel 1842. Altra opera di Ugo Bassi è "La croce vincitrice", scritta a Livorno in un momento in cui era oggetto di ostracismo e persecuzione sia da parte delle autorità ecclesiastiche cattoliche che dallo stesso ordine barnabita. Nel 1848 scrive delle opere politiche sui patrioti lombardi; "Lamento dei Lombardi" e "Funerali", intrise di patriottismo e spirito cristiano. A seguito della scomunica pontificia contro i patrioti contrari al potere temporale della Chiesa Cattolica, nel 1949 pubblica la sua ultima opera; "Della scomunica e più altre cose de' tempi nostri" dove prende decisamente le distanze da una chiesa anti-nazionale e contraria agli interessi del popolo e della Patria, in quanto: "...scomunicare un popolo vorrebbe dire seminarvi l'anarchia e la guerra civile" e dove invita i cristiani a ritornare a Cristo, che ci ha insegnato "il mio reame non è di questo mondo... Egli ha detto non volere, che i suoi discepoli facciano a modo dei re e dei tiranni ..." ma "che noi dobbiamo amare i fratelli oppressi e afflitti meglio del padre e della madre"
D. Come è morto Ugo Bassi?
R. E' stato fucilato a Bologna dai soldati asburgici per ordine del Gen. Gorzkowski, senza alcun processo, neppure sommario, e nonostante Ugo Bassi fosse un religioso (nello stato pontificio i membri del clero non potevano essere giudicati da tribunali secolari) e nonostante, come egli stesso affermò, non aveva commesso alcun crimine, in quanto: "Aveva assistito i morenti sul campo, non aveva mai negato il soccorso neppure ai nemici e non era armato ...."
D. Ho sentito che Ugo Bassi era percepito come il Santo del popolo.
R. A Bologna, durante l'occupazione asburgica e il malgoverno pontificio, il “luogo del martirio” di Ugo Bassi divenne meta di un continuo pellegrinaggio e i ciuffi d'erba intrisi del suo sangue, strappati dal popolo nel luogo della fucilazione, furono venerati come le reliquie di un "santo del popolo". Una scritta recita: “Moschettato da chi tradì Italia e Pio” ma, come ha scritto un membro del Comitato di Postulazione, il principe Giuseppe Francesco Maria Francica Maio di Belforte e Panaja, un cui avo ha combattuto nell'esercito garibaldino partecipando alla spedizione dei mille: "Si può, pertanto, capire l’entusiasmo e la gioia che assapora il mio cuore, se la causa di Glorificazione riuscirà  a trionfare su tutte le brutture commesse dalla storia. “Padre perdona, poiché essi non sanno quel che fanno”. Ma il guaio è che “essi” sapevano e ancora oggi “sanno". Per ultimo vorrei mandare un appello a tutti coloro che hanno materiale inerente la vita e le opere di Ugo Bassi affinché lo inviano alla Chiesa (chiesaortodossaitaliana@gmail.com) o al portavoce del Comitato di postulazione (paolomikidagostini@gmail.com)




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