IL PORTO DI TARANTO? UNA STORIA INFINITA…… E UNA SOLA VERITA’

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Quella che dopo 15 anni di promesse , di facili esaltazioni e di lusinghiere proiezioni nel futuro di una città portuale internazionale , non ha ancora potuto vedere l’attracco trionfale di navi di grosso tonnellaggio presso una banchina del porto tarantino per l’inefficienza del Trio istituzionale locale che timoroso di estendere la collaborazione a più soggetti politici e civili , si è chiuso in quel circolo vizioso che gira e rigira, ritorna sempre allo stesso punto e alle stesse persone: Presidente della Camera di Commercio, Sindaco, Presidente della Provincia .
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Il presidente della Fondazione Taranto avv. Enzo Gigante è piuttosto critico nei confronti di queste autorità locali che , a suo giudizio, sarebbero i veri responsabili della morte commerciale e industriale di Taranto nonostante con grande ipocrisia recitino le solite vecchie litanie sulla mancata realizzazione del porto e servizi retro portuali. Sempre uniti in un coro armonico hanno denunciato ritardi, inefficienze, mancate realizzazioni e invece di fare ‘ mea culpa’, accusano il Governo al quale ricorrono pietosi per ottenere contributi e fondi europei .
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Sempre a detta dell’avv. Gigante, un esempio eclatante della inefficienza del Trio riguarderebbe il progetto “ Fresh Porto “ presentato nel gennaio 2015 dall’autorità Portuale avv. Prete che dichiarava come tale progetto mirasse a valorizzare la catena produttiva e logistica agroalimentare di alcune regioni del sud con riguardo al settore ortofrutticolo, cosa che richiederebbe l’utilizzo delle aree e dei servizi portuali e retro-portuali di Taranto. Questi servizi, nota l’avvocato. sono quelli previsti dalla società Agromed costituitasi il 19/9/2005 tra il COMUNE di Taranto, la provincia di Taranto,e la Camera di Commercio di Taranto presidente Sportelli Luigi , Consigliere Paolo Rubino, cioè a dire sempre lo stesso Trio che con 10 anni di inattività e 10 milioni inutilizzati continuano a rinfrescare il progetto con ‘Fresh Port.”
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La domanda del presidente della Fondazione Taranto è ovvia : Come mai l’autorità portuale si rivolge agli olandesi quando è già esistente dal 2005 una società Agromed? Non è forse ipocrisia impietosirsi dei 540 operai del Taranto Container Terminal lasciati a casa per dare lavoro a ditte estere? Altra insidiosa domanda: se si fosse realizzato il distripark e l’Agromed al momento opportuno Evergreen avrebbe abbandonato il porto di Taranto.? Chiunque conosca un po’ di logica capirebbe che il fallimento del Porto di Taranto ha radici politiche che non sono state adeguatamente innaffiate per produrre i frutti dovuti
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Dunque dopo il vertice di Palazzo Chigi ott. 2014, l’unione che il sindaco Stefano vantava tra tutte le istituzioni locali era ed è più che debole se a tutt’oggi di frutti maturi non se ne vedono e tutto langue in un decadente immobilismo. E’ fin troppo evidente che la Taranto Gloriosa dell’VIII e ’VII secolo non è in grado di appassionare né i politici locali né quelli del Governo preoccupati questi ultimi, di arricchire altre zone geografiche dell’Italia del Nord lasciando ai tarantini solo il mesto ricordo di un porto che fu. Un porto che a detta di Strabone era grande ed efficiente con un perimetro equivalente a cento stadi. Oggi che l’era della tecnologia per eccellenza avrebbe dovuto riportare Taranto e il suo Porto allo splendore di quei secoli si assiste invece ad un irragionevole torpore, ad un abbandono che non trova nei politici locali l’entusiasmo e la intraprendenza sufficiente per concretizzare progetti rimasti nel cassetto.
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Da quanto su esposto risulta evidente che a determinare il successo di un progetto a volte conta molto la figura carismatica di chi governa una città: la grinta, la forza e l’abilità di saper coinvolgere i cittadini nel sogno costruttivo di un’avanguardia che si espanda oltre confine, la ferrea volontà di tutti i politici senza distinzione tra maggioranza e opposizione, di saper condurre eque trattative con il Governo centrale mettendo in risalto la configurazione geografica della città di Taranto e della sua naturale oltre che storica predisposizione di città portuale, la capacità di saper unire imprenditori , operai, cittadini, senza distinzione di colore politico richiamandoli alla collaborazione e al rispetto del ruolo che la natura ha concesso a una città portuale che, per la sua ricca storia , non merita di essere considerata come l’ultima ruota di un carro sgangherato ma una ruota trainante capace di contribuire al benessere del paese come ogni città del Nord a cui vengono elargiti fondi per progetti cento volte superiori a quelli modesti che la città di Taranto richiede . Ecco! Forse a Taranto è mancata e manca questa voce forte, carismatica, convincente ,intraprendente e soprattutto affidabile e competente che dimostri allo Stato erogante che i politici a cui vengono affidati i fondi utilizzeranno quanto ricevuto nel rispetto della legalità informando i cittadini, con trasparenza e onestà, come e dove siano andati a finire i fondi stanziati dallo Stato italiano o dall’Unione Europea.
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Oggi, l’amara verità è che il Porto di Taranto è servito solo per far sbarcare disperati extra- comunitari … clandestini in cerca di lavoro e di sistemazione, non certo facoltosi turisti avidi di conoscenza , di cultura, di archeologia, di storia, di mare…….. La disoccupazione aumenta e gli sbarchi di immigrati che per taluni politici costituiscono ricchezza, per la gente del luogo sono solo l’inizio di una distruttiva e lacerante povertà.
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I 540 lavoratori della società Taranto Container Terminal continuano a sperare magari invidiando i loro fratelli extracomunitari al cui posto sarebbero felici di trovarsi per le attenzioni e le cure che vengono loro rivolte.
cms_2540/Porto_Taranto_novel.jpgE allora come dice il comandante Gennaro Cimaglia,responsabile del settore marittimo portuale del Movimento d’Azione Cittadino : “ Ci risiamo!. Poco tempo fa, in una conferenza stampa, il presidente del Porto Autorità di Venezia annunciava il lancio di una nuova "Autostrada del mare" tra i porti di Patrasso e Venezia. L’Autorità Portuale di Trieste si impegnava a conseguire come obiettivo lo sviluppo del porto anche in chiave ferroviaria movimentando, entro il 2015 , ben 5500 treni. Mentre il porto di Venezia si attiva per una linea diretta che colleghi i Mercati Europei con la Grecia, decretando investimenti ferroviari e stradali che la rendono un Porto Europeo privilegiato da e per il Mediterraneo e l’Oriente, con una nuova "via della Seta" in chiave portuale con la Cina, a Taranto aspettiamo da decenni il collegamento diretto con l’autostrada, si diminuiscono i collegamenti ferroviari, non decolla l’aeroporto, non si sa cosa fare e cosa farsene della retroportualità (Agromed, Distripark, ...?).I nostri malati e i nostri morti vanno immolati all’azienda che serve a tutelare il PIL, e non ci si rende conto che la nostra retroportualità ha un valore enorme per Taranto e la nazione stessa. Purtroppo il presente è frutto di un passato scellerato che ha visto lo scippo dei cantieri TOSI e delle elevate professionalità all’avanguardia per l’alta chirurgia navale.
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Oggi FINCANTIERI è in rete con una cinquantina di università e investe il 3% dei ricavi in ricerca ed innovazione, per giungere forse dove noi eravamo circa 40 anni fa. Le cronache d’oggi ci riportano ad un clima di cattiva politica e di malaffare, ma non vogliamo fare retorica, né colpevolizzare presunti innocenti; diciamo solo che questa città ha avuto forse in sorte in sorte amministratori e politici privi di lungimiranza, forse anche di trasparenza, privi di quel sogno grande che è la premessa indispensabile per concretizzare eventi e progetti.. Nessuna alternativa è stata mai davvero voluta in contrapposizione al ricatto occupazionale della grande fabbrica.
Troppi gli interessi occulti, gli arricchimenti improvvisi, il silenzio in cambio degli incarichi. Non siamo censori, né vogliamo sparare sulla croce rossa. Il disastro tarantino è sotto gli occhi di tutti. Non pensiamo solo la cultura e il futuro (forse) aggancio turistico, visti i fatiscenti ruderi moderni della città vecchia, il degrado urbanistico diffuso, la mancanza di senso civico di noi stessi tarantini. Si attendono piani e progetti da realizzare; troppe parole, troppi convegni, tante tavole rotonde ripetitive ed inutili perché nulla è intanto cambiato. Ricordiamo che la retroportualità e il nuovo piano dei porti "non sono il libro dei sogni", così ha sostenuto il ministro Del Rio, ma il vero rilancio del sistema economico italiano.
Ci chiediamo se Taranto sia compresa nel sogno.
Elena Quidello

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